Marco Vitale
Ed io ti chiamo ti chiamo ti chiamo sirena
13.01.2021 – 07.02.2021
Marco Vitale
Ed io ti chiamo ti chiamo ti chiamo sirena
13.01.2021 – 07.02.2021
Si può vedere il vedere, ma non si può ascoltare il sentire
Marcel Duchamp
In neuroscienza, la dislessia è al centro di accesi dibattiti che negli ultimi anni hanno generato diverse scuole di pensiero che si dividono tra chi considera questo tipo di problema come un disturbo fonologico e chi invece lo considera una questione legata all’ambito visivo. Quello che sappiamo, in termini scientifici, è che il nostro cervello non è nato per leggere e che la diffusione significativa della lettura alfabetica è avvenuta solo nell’ultimo secolo. Per cui, dal punto di vista fisiologico, quando leggiamo, richiediamo uno sforzo straordinario al cervello. Quest’ultimo, non essendo evoluto geneticamente per la lettura, a volte può incorrere in degli errori. La dislessia è dunque interpretata da una parte come un disturbo multifattoriale attenzionale – dove per disturbo s’intende una significativa variazione di un’abilità o di un comportamento rispetto a uno standard medio – legato a un atto non naturale tutto sommato moderno e relativo alla cosiddetta “attenzione sostenuta”, ovvero il tempo di concentrazione su di una contingenza specifica. In ambito visivo, invece, la dislessia è intesa sostanzialmente come un deficit legato alla via magnocellullare dorsale (parte dalla retina e arriva alla corteccia) che permette la percezione del movimento e la giusta localizzazione degli oggetti nello spazio. Il dislessico, dunque, vede una specie di movimento sul foglio scritto, segni che cambiano di posto e si muovono sulla pagina, i cosiddetti errori specchio, identificabili specialmente con l’inversione delle lettere “b” e “d”.
Il lavoro video di Marco Vitale sonda questo processo visivo e ci invita a oltrepassare l’idea di pregiudizialità restituendoci il superamento della considerazione dell’errore. Ed io ti chiamo ti chiamo ti chiamo sirena è composto da una lettura registrata telefonicamente, accompagnata da una schermata video testuale con un’interlinea minima a tal punto da rendere quasi texturizzate le parole scritte dall’autore. Non correggendo la lettura del soggetto dislessico, ma al contrario liberandola, invita a una maggiore considerazione della mancanza, rende percepibile ciò che è sottratto, lontano da noi, invisibile. L’oralità della lettura dislessica diviene il mezzo privilegiato per esplicitare quanto di più inatteso si può ritrovare nella soggettività umana: la variabile generativa dell’errore. Nel movimento laterale e intermittente che caratterizza l’occhio dislessico, l’artista individua una specie di archeologia della visione che precede l’educazione fisiologica del bulbo oculare. Si appropria così di questo paradigma, imitandone lo schema nella sintesi formale della sua pratica artistica: “una testimonianza biologica dell’occhio. Una coincidenza biologica, per l’esattezza: quella fra la scrittura e la lettura che la corregge errando su di essa. Azzardo l’opera come test scientifico, dove l’ipotesi vale più del risultato”.