Claire Fontaine
La fine del mondo
30.05.2020 – 24.06.2020
Claire Fontaine
La fine del mondo
30.05.2020 – 24.06.2020
Claire Fontaine
La fine del mondo
video, 5’26”, 2020
Claire Fontaine ha realizzato per studioconcreto un breve video, modificando le immagini con semplici effetti ottici, che mostra un tragitto nella città di Palermo durante la quarantena. Le immagini sdoppiate danno un’impressione di macchia di Rorschach semovente, ingoiano passanti e oggetti, spalancano sentieri dove vi era un ostacolo, danno un’impressione lisergica della realtà e fanno scomparire persino il mare, dandoci sempre e solo la labile certezza del cammino che si trova sotto i nostri piedi e che oscilla al nostro passaggio. Le strade insolitamente deserte, i rari passanti, l’impressione palpabile che il mondo stia per crollare su se stesso e che qualcosa di orribile stia per travolgere il genere umano sono accentuati dalle frasi lette dagli autori che sono tratte dal libro incompiuto di Ernesto De Martino La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali. Quest’opera pubblicata postuma per la prima volta nel 1977, composta da frammenti, citazioni e appunti, ricorda per la sua struttura e per l’ambizione Il libro dei passaggi di Walter Benjamin. È un’esplorazione dei misteri dell’anima umana e un tentativo di congiurarne le paure ancestrali. Le ricerche eclettiche e appassionate dell’antropologo ci mettono sulle tracce della possibilità di fare mondo, di costruire insieme universi significanti che diano stabilità emotiva e culturale alle nostre vite. Intriso dalla consapevolezza della crisi della civiltà occidentale, questo saggio frammentario appare ogni anno più profetico e più urgente da riscoprire.
p.38 “Negli stati epilettici crepuscolari e confusionali sentiamo dire ai malati: “Le pareti sono oblique, il tetto sprofonda, il malato si sente sollevato in aria, il suolo oscilla, tutto si disfa, la terra si spalanca, si apre un abisso, tutto è in movimento febbrile, uomini animali diavolo spiriti oggetti incombono sul malato, tutto gli si precipita addosso, il mondo crolla…” Anche i vissuti cosmici e le estasi beatificanti negli stati crepuscolari epilettici accennano alle stesse anomalie sensoriali: le stelle cominciano a scintillare e a oscillare, gli astri precipitano sulla terra, masse di nuvole si levano, la volta celeste si lacera, si fende in due. Questi esempi potrebbero essere facilmente moltiplicati. In tutto sta in primo piano l’elemento del moto: l’alterazione del movimento, la perdita dell’equilibrio, lo scuotimento della sicurezza e della tranquillità del mondo delle cose, conducono alla conclusione: il mondo crolla, sprofonda.”
p.40 “Per me la follia era come un paese – opposto alla realtà – dove regnava una luce implacabile, che non dava alcun posto all’ombra e che accecava. Era una immensità senza limiti, sconfinata, piatta, piatta – un paese minerale, lunare, freddo…In questa distesa tutto era immutabile, immobile, irrigidito, cristallizzato. Gli oggetti sembravano essere disegni da scenario, collocati qua e là come cubi geometrici che avessero perduto ogni significato. Le persone si muovevano bizzarramente. Facevano dei gesti, dei movimenti, che non avevano senso. Erano fantasmi che circolavano in questa pianura infinita, schiacciati dalla luce spietata dell’elettricità. Ed io ero perduta lì dentro, isolata, fredda, nuda sotto la luce e senza scopo. Un muro di bronzo mi separava da tutto e da tutti…Nessun soccorso mi veniva da alcuno…La follia, cioè tutto questo, era l’illuminazione, la percezione dell’irrealtà…In questo silenzio infinito e in questa immobilità tesa, avevo l’impressione che qualche cosa di spaventoso stava per prodursi e avrebbe rotto il silenzio, qualche cosa di atroce, di sconvolgente si sarebbe profilato. Attendevo trattenendo il mio respiro, soffocata di angoscia, e nulla accadeva. L’immobilità si faceva ancora più immobile, il silenzio più silenzioso, gli oggetti e le persone con i loro gesti e i loro rumori diventavano ancora più artificiali, staccati gli uni dagli altri, senza vita, irreali. E la mia paura aumentava sino a diventare inaudita, indicibile, atroce.”